La drammatica storia di Elena Del Pozzo

Ennesima tragedia e la riflessione di una mamma...

Redazione Prima Pagina Partanna
Redazione Prima Pagina Partanna
04 Luglio 2022 16:55
La drammatica storia di Elena Del Pozzo

Ad un passo dall’estate dalla televisione giunge nelle case una notizia che qualificare drammatica non rende l’idea: la piccola Elena è stata uccisa dalla madre. Interrogatori, domande, confessioni ed un sfilza di «non ricordo» da parte della madre che si scuote solo quando le chiedono di raccontare il momento esatto in cui ha colpito la figlia. «Non ricordo», dice. Subito spiega: «Perché ero girata e non volevo guardare». Questa è una delle tante istantanee della tragedia della piccola Elena che emergono dall’ordinanza di convalida del fermo di Martina Patti, la madre.

Il gip, Daniela Monaco Crea, prova ad immaginare anche lo strazio della vittima. «Patti ha inferto più colpi d’arma da punta e taglio alla figlia, che è stata vittima di una morte violenta. Particolarmente cruenta e probabilmente lenta, alla quale è anche verosimile ritenere che abbia, pur solo istintivamente, tentato di opporsi e sfuggire...

tutto induce a dedurre che la madre volesse uccidere e che il suo sia stato un gesto premeditato». Questo è quello che testate locali o nazionali riportano sui vari giornali e questo è quello che rimbalza da un canale all’altro in televisione. Un fatto atroce, violento, disumano, inaccettabile, cruento, tragico. Nessun aggettivo rende l’idea. Ci ho dovuto pensare giorni prima di capire quanto questa storia mi ha scosso dentro. Funerali. Il nome di Elena gridato dai tanti presenti e frasi di rabbia per la madre.

Proprio lei, la madre che si reca a scuola a prendere la propria figlia, si fa abbracciare, la porta a casa e le toglie la vita.

E’ contro natura. Una madre che partorisce la figlia per natura non può pensare di togliergliela. E’ contro natura. Per giorni sensazioni brutte, nere, negative si sono fatte strada. Mentre abbracciavo mia figlia faticavo a pensare ad una figlia che non può più fidarsi della madre. E tutto per cosa? Per la gelosia che la madre provava per il rapporto che la piccola stava instaurando con la compagna del padre. Non entro nel merito delle dinamiche di separazione che per lavoro so essere le più variegate possibili ma sull’aspetto emotivo sì.

Questa madre che accecata da una malsana gelosia decide di ferire in qualche modo terzi togliendo la vita a sua figlia ci dice a gran voce che c’è una povertà emotiva in circolazione che atterrisce. Non abbiamo più davvero una confidenza con la nostra emotività ma siamo corpi gelidi, incapaci di provare emozioni, dar loro un nome ed una sfumatura e di parlarne. Solo io resto basita dalla atrocità della questione? Ma in quale visione distopica la compagna del tuo ex può farti sentire così insicura da farti pensare di uccidere tua figlia? In quale mondo al contrario da madre non ti concentri sul tuo rapporto con tua figlia intensificando il legame e il valore educativo da trasmettere? E nessuno ha mai visto o notato niente? Questa indifferenza, questa povertà emotiva mi atterrisce al punto da doverla mettere nero su bianco.

Stringo forte i miei bimbi e rifletto. Sto coltivando emotività? Sto seminando emotività in loro? Li so aiutare a comprende tutte le emozioni che provano e a trasferirle in gesti e parole? Io li so vedere davvero? Io so ascoltare tutto quello che sento? Questi punti interrogativi mi tormentano perchè l’idea di inaridirmi o di desertificare l’emotività dei miei figli mi fanno troppa paura. Attorno vedo e sento troppa anaffettività. Ci si lascia e ci si dimentica troppo presto, ci si rimpiazza troppo presto, non ci si conosce mai abbastanza.

Questo poi succede che una madre gelosa della compagna dell’ex uccida la figlia, succede che si ascoltano notizie del genere senza esserne toccati davvero.

Non è il mondo che voglio per me e i miei figli. Io gelo di fronte a cose del genere e non le lascio passare in cavalleria, anzi, voglio impegnarmi di più per tenere lontano da noi questa incapacità di provare emozioni. Di questi tempi, e la pandemia ha peggiorato situazioni già critiche, si è circondati da gente che davvero vive nell’indifferenza e nella freddezza emotiva, ragazzi e adulti incapaci e impreparati a provare emozioni. Come genitori, come educatori, come cristiani, come esseri umani dobbiamo davvero riflettere e imparare a fare di più. Molto di più…

E’ una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose; nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la piccola, dannata, comoda mediocrità. (R. Yates.

Maria Elena Bianco.

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