Moni Ovadia e la sua grande lezione sulla grecità. L’intervista

Redazione Prima Pagina Partanna
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29 Marzo 2019 15:19
Moni Ovadia e la sua grande lezione sulla grecità. L’intervista

Salemi, è il 25 Marzo, al centro Kim la gente comincia a prendere posto, nessuno vuole perdersi per alcun motivo la lectio magistralis dell’attore,regista,scrittore, intellettuale, Moni Ovadia sul poeta neo-ellenico Ghiannis Ritsos. Ad organizzarla, l'associazione socio culturale “Peppino Impastato” che raggiunge così un grande traguardo. La presidente dell'associazione, Federica Armata, dichiara che il reading di Ovadia rappresenta una vittoria per tutto il gruppo.

Il merito maggiore per la riuscita dell’evento é senz’altro da ascrivere alla tenacia di Ignazio Grillo, così come riconoscere lo stesso Maestro all’inizio della serata. Una serata magica che partendo dalla letteratura greca classica, arriva sino alla poesia del Novecento. Da Omero a Ritsos passando per Euripide. Dalla gloria degli eroi omerici alla vecchiaia degli stessi rappresentata nei versi del poeta neo-ellenico. Colpisce soprattutto il finale, quel parallelismo che non ti aspetti tra la bella Elena dell’Iliade e quella di Ritsos, sola, abbandonata, vecchia.

Degrado, abbandono e caducità caratterizzano l’aspetto e l’animo della vecchia Elena, che vede scorrere lentamente davanti a sé il ricordo di ricchezzee bellezza. Bellezza, prima di tutto. Una serata intensa, unica nel suo genere che vede ancora una volta i giovani come motore di questo processo culturale che da anni ormai cerca di scuotere il paese. Alla fine del reading e  dei meritati applausi il maestro Moni Ovadia, non si sottrae ad una mia intervista sui valori della grecità, tanto esaltati durante l'incontro e la società di oggi che sembra sconoscerli del tutto.

    Una delle prime frasi che ha detto questa sera  è stata: “Sono arrivato in Italia da profugo”. Cosa significa oggi essere profugo?   Oggi essere profugo significa avere attraversato gli inferni della povertà e della disperazione, del dolore per il destino dei figli. E’ una condizione durissima. Quando arrivammo noi non eravamo tanti però anche allora i profughi venivano considerati diversi, a noi non è toccato particolarmente, però lo sai che vieni da un’altra parte e ti rimane sempre nel cuore.

Io guardo ai migranti, ai profughi sempre con lo sguardo di chi riconosce in quei migranti sé stesso. Sempre.   In una società così corrotta come questa del ventunesimo secolo,  basta aprire gli occhi per accorgersene, tra  cronaca nera, l'aumentare di atteggiamenti razzisti, la politica populista, cosa non abbiamo capito della grecità?   Noi della grecità non abbiamo capito il senso profondo. Parliamo di Grecia in quel modo un po’ saccente, ci vantiamo parlando della cultura greca, invece la Grecia ci ha dato degli insegnamenti morali tra i quali l’accoglienza allo straniero che arriva nella tua terra.  Lo straniero  è sacro ed è protetto da Giove, la massima divinità, così come scrive Eschilo nelle “Supplici”.

Non abbiamo capito la Democrazia e ne abbiamo fatto una caricatura   La scuola in questi ultimi anni è una delle istituzioni più criticate dal mondo della cultura, dagli intellettuali; secondo lo scrittore Alessandro Baricco sarà la prima istituzione ad andare al macero perché non si è adattata ai vari cambiamenti, invece il cantautore Daniele Silvestri nella canzone “Argento vivo” dice : “Questa prigione corregge e prepara una vita che non esiste più da almeno vent’anni”.

Secondo lei quali sono le responsabilità della scuola che oggi hanno portato a questa società ? cosa doveva fare e non ha fatto?   Mi sembrano critiche aspre ma che hanno un fondamento giusto. Io credo che la grave colpa della scuola sia stata quella di non formare cittadini. Perché il compito della scuola è quello di formare cittadini e soprattutto dare loro lo strumento della conoscenza critica per poi scegliere di fare quello che vogliono. Invece cercano di sostituire con un sapere tecnico il grande valore del sapere critico, anche questo ci insegna la grecità.

  Un’ultima domanda, si può fare cultura oggi indipendentemente dall’ orientamento politico? Non dovrebbe essere la cultura stessa un atto politico, se intendiamo la politica nel senso  greco del termine?   La cultura se è tale autenticamente, se non sta sulla torre eburnea di un estetismo frusto e vuoto, è di per sé politica. Non è possibile fare un cammino culturale senza parlare dell’uomo e di tutto ciò che l’uomo è con i suoi problemi, le sue contraddizioni, i suoi limiti, le sue glorie.  Non è possibile non fare politica.

Però attenzione, con la cultura si fa politica ma non partitica, quella non è  politica, sono questi affamati di potere che cercano di conquistare sedie, non è a questo che porta la cultura. La cultura deve portare alla critica demolitiva di questa robaccia per instaurare quello che la politica è: servizio ai cittadini e non servizio alle proprie “chiappe”.   Filippo Triolo  

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