Assolto con formula piena per non avere commesso il fatto un 30enne di nazionalità tunisina arrivato con un mezzo di fortuna in Italia nel giugno del 2023 nelle coste del marsalese. Secondo l'accusa, sarebbe stato lui a condurre il barcone con cui sbarcarono 16 persone il 29 giugno nelle coste di Petrosino e per questo tratto in arresto con l'accusa di sfruttamento dell'immigrazione clandestina aggravata. L'Imam Jamel veniva trasferito presso il carcere di Trapani e li ristretto in custodia cautelare stante le gravi accuse.
Però già nel mese di settembre 2023 in sede di incidente probatorio davanti al Gip di Marsala, nella persona della dott.ssa Annalisa Amato, gli immigrati a bordo del barcone indicarono lo Jamel come un semplice migrante; soltanto alla vista delle imbarcazioni delle autorità italiane gli venne intimato dallo scafista a condurre il barcone per alcuni minuti. Di conseguenza veniva emessa ordinanza di scarcerazione. Nonostante ciò, la Procura della Repubblica di Marsala impugnava la detta ordinanza (senza esito positivo) e procedeva a richiedere il rinvio a giudizio.
Dinnanzi al procedimento, che si svolgeva nelle forme del giudizio abbreviato, davanti al Gip, dott. Matteo Giacalone, l'accusa chiedeva una condanna ad anni 4 di reclusione e 100.000 euro di multa mentre la difesa dell'imputato, affidata all'avv. Giuseppe Accardo (in foto) del Foro di Marsala, sosteneva con forza la totale estraneità rispetto ai gravi fatti di cui all'imputazione. La vicenda si è conclusa nelle scorse settimane con la sentenza di assoluzione per non avere commesso il fatto, emessa dal detto Gip di Marsala.
Sulla vicenda l'avv. Accardo ha così dichiarato “Siamo contenti dell'esito del processo e soprattutto che il Gip abbia preso atto di una dinamica grave e diffusa degli scafisti di mettere, in prossimità dell'arrivo sulle coste italiane o all'avvistamento di navi delle forze dell'ordine italiane, al timone delle imbarcazioni di fortuna dei poveri ed ignari migranti nel tentativo di fare ricadere su di loro la colpa della condotta illegale e provare così sottrarsi alle importanti responsabilità penali conseguenziali alla tratta di esseri umani”.