Uno sguardo d’intorno/ parte 1 Ma come se la passano fuori da Castelvetrano?

Redazione Prima Pagina Partanna
Redazione Prima Pagina Partanna
12 Luglio 2020 10:55
Uno sguardo d’intorno/ parte 1 Ma come se la passano fuori da Castelvetrano?

Ma che succede a nord, sud, est ed ovest dell’ex capitale del Belice, la piccola Parigi, la meravigliosa Castelvetrano, gattopardo decaduto al rango di città delle fratte e dell’abbandono istituzionale, dell’Ospedale ridimensionato, dei teatri in svendita, degli immobili inutilizzati e dei fondi mai reperiti neanche dagli amici di governo? Diciamo che c’è Campobello di Mazara che apre un teatro, lo intesta, lo inaugura e pure prova a farlo funzionare, se non fosse per il Covid che ci rinchiude tutti in casa.

Tre Fontane non sarà Acapulco ma il senso civico e la pulizia sembrano in qualche modo dare lezione alla nostra spocchia di Città che, diciamocelo, spesso, ai tempi d’oro, si accaniva sui “paesi” limitrofi. Girandoci in auto ti viene da dire: “Ma perché questi furono più sperti dei triscinari e lasciarono il lungomare?”. Torretta, pur con qualche lavoro tardivo, è sempre stata un’oasi di serenità e di meraviglia: lo è rimasta. Resta troppo limitato lo sforzo intorno alle Cave di Cusa.

Non basta cambiar nome alla Città e toglierla dal genitivo mazariense per farne un tutt’uno con le Cave. Bisogna investire e molto. Ma, a nostra memoria, l’ultimo evento che ha portato quasi 1000 persone alle Cave è la nostra Mythodea, che mi permetto citare perché frutto del lavoro di 80 artisti, e non solo mio, che ha raccontato, in chiave contemporanea, la nascita, la gloria e la decadenza selinuntina, proprio dentro la fabbrica dei templi. Poi soltanto cosette fuori luogo, fuori contesto, raccogliticce e poco organiche, specie a fronte delle più corpose programmazioni popolari a Tre Fontane e Torretta.

Pur senza particolari balzi, ma con la fermezza dell’ordinario, Santa Ninfa sembra puntare tutto su decoro, pulizia, servizi e comunità. Sembra pure riuscirci, con qualche guizzo di cultura intorno al Premio Cordio e alla ritrovata Rampinzeri. Partanna gioca il ruolo di vicerè, posto che la Regina del Belice s’è distratta da qualche tempo, e grazie a Nicola Catania, abile nell’amministrazione dell’ordinario e addirittura dello straordinario, pur con qualche salto iperbolico e qualche ritardo nei saldi del lavoro d’arte, è diventata una vera e propria fucina di talento, cultura, eventi, sagre e anche religiosità, se è vero come è vero che grazie anche ad un arciprete giovane, che dosa in modo sapiente tradizione e novità, la chiesa madre, restituita al popolo, gode di ottima salute, di nuovi candelabri e di una messa domenicale delle 19 sempre gremita, nel rispetto delle prescrizioni anti-covid, s’intende.

Partanna ha inoltre rinsaldato con intelligenza e lungimiranza politica il proprio legame con il Parco di Selinunte; legame antico – diranno i malpensanti – che si rinnovella nella estensione della Città dei Fossati e del Castello Grifeo sotto l’egida del Parco. Questo sì che è fare territorio. E fare politica. Estendendoci a Menfi, pur fuori provincia, ma per uno sputo, troviamo una sorta di disgregazione di quello che il buon Lotà cercò di inventarsi. Porto Palo invecchia, e Lido Fiori non brilla.

Il mare è blu, ma intorno, ormai, c’è solo la smorfia di Inycon. Purtroppo. Menfi è uno dei rari casi in cui è il tessuto imprenditoriale a fare la nomea del paese. Senza Planeta, diciamocelo, resterebbe solo l’apoteosi della sagra di paese. La politica, a Menfi, precisamente, che fa? Se passassimo da Santa Margherita, invece, troveremmo che il Premio Gattopardo si è ben stabilizzato. Sempre attorniato da una meravigliosa regia luci e scenografia naturale, l’idea di dare spazio alla letteratura internazionale è stata vincente.

Meno l’indotto, quasi inesistente. Giacomo Bonagiuso (continua)    

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