Durante le feste questa sindrome si manifesta prepotente. “Non ti azzardare a cercare tuo padre/tua madre!”, “Che delusione che sei a pensare questo di tuo padre/tua madre”, “Tu non vedrai tuo padre/ tua madre perchè non lo merita”…e chi più ne ha più ne metta. Succede. L’astio e l’incapacità di scindere il ruolo genitoriale da quello di convivente o di marito e moglie talvolta sfocia in questa terribile sindrome. Quante volte è capitato al genitore non collocatario di subire comportamenti ostruzionistici da parte dell’altro? Quante volte un bambino, vittima del genitore caratterialmente più forte, ha finito per distorcere negativamente la visione che aveva dell’altro? Purtroppo più spesso del previsto e del dovuto.
In ambito psicologico, il concetto di PAS (Parental Alienation Syndrome, o sindrome di alienazione parentale) nasce nel 1985, quando il medico Richard Gardner lo coniò in merito alla situazione in cui uno dei genitori (cd. “alienante”) opera verso l’altro genitore (cd. “alienato”) una dinamica denigratoria volta a ritenere dannosa e negativa la frequentazione del genitore alienato e della sua famiglia. I figli coinvolti mostrano una posizione totalmente aderente a quella dell’alienante, finendo per disprezzare l’altro genitore, spesso identificato come la causa del male che affligge il genitore collocatario.
Contemporaneamente, il figlio instaura un legame patologico con il genitore alienante (madre o padre che sia), spinto da una forte empatia che lo rende vittima di una manipolazione psicologica. Il frutto di tale comportamento è l’inquadramento del genitore alienante come la vittima cui prestare assistenza e con cui solidarizzare, e del genitore alienato come la figura crudele, assente e negligente da cui allontanarsi. In Italia, la sindrome di PAS è stata riconosciuta esistente da una pronuncia della Suprema Corte (Cass.
Civ. 8/03/2013, n. 5847), per poi essere riconfermata qualche anno dopo in una sentenza in cui la Corte ha espresso il principio di diritto secondo cui tra i requisiti di responsabilità genitoriale figura anche la capacità di mantenere il legame con l’altro genitore, a tutela dell’interesse e del diritto del figlio alla bigenitorialità (Cass. n. 6919 del 8/04/2016). Le separazioni e i divorzi difficili sono terreno fertile per questa sindrome perché proprio in queste circostanze le madri o i padri, che siano o meno collocatari, inducono i figli ad odiare l’altro, distorcendo la reale visione che il figlio aveva dell’altro genitore, sino a convincerli a non voler più mantenere alcun rapporto con lo stesso.
Così facendo, il genitore “succube”, spesso eccessivamente tollerante o addirittura impotente, viene spinto sempre più al margine della vita del figlio, sino a costituire una figura inesistente ed assente. Non so se lo penso solo io: ma quanto male si fa a questi figli? Quanto? In contesti simili, è il Tribunale a giocare un ruolo fondamentale. I figli hanno necessità di entrambi i genitori, hanno necessità di avere punti fermi non due adulti che giocano a chi è più bravo a distruggere l’altro in un Risiko emotivo e distruttivo.
Ci sono situazioni e situazioni certo ma la manipolazione, la coercizione, l’abuso di potere sui figli è da evitare sempre, è da condannare sempre. E’ opportuno evitare di coartare gli interessi dei minori, che spesso vivono già silenziosamente il dramma della separazione dei genitori, evitando rapporti confliggenti tra gli stessi. Adesso è importante rivolgersi a chi crede di essere vittima di alienazione parentale o alla famiglia che si accorge che si sia innescata la trappola della PAS, bisogna appuntarsi ogni comportamento lesivo, raccogliere più testimonianze possibili e, se necessario, rivolgersi ad un legale per far rispettare i provvedimenti del Tribunale in materia di affidamento e cercare di ottenere un provvedimento quanto più consono alla situazione di fatto.
In ogni caso, è fondamentale un ascolto attivo del minore. E’ fuori discussione che il problema dell’alienazione parentale sia certamente esistente ed anche più dilagante. Difficile approfondire in un unico articolo una materia così nuova e così delicata che ha tanti spunti da approfondire e tanti spunti di riflessione oltre che tante sfaccettature da non trascurare. Se ne riparlerà. Intanto impariamo tutti a guardare davvero il bene dei figli prima che il nostro ego e il nostro “odio”, i figli non sono strumento di vendetta ma sono e restano frutto di una scelta d’amore con diritti sacrosanti.
Maria Elena Bianco