A parole è molto facile affermare che uomo e donna, intesi come genere di base, hanno gli stessi diritti e che su una ipotetica bilancia sociale, lavorativa, politica, familiare, sociologica pesino esattamente allo stesso modo. Di fatto, purtroppo, dobbiamo ammettere che ancora non è così. Basta non solo leggere qua e là articoli vari ma anche guardare con occhio attento quello che quotidianamente accade nel mondo che ci circonda, e non parlo del mondo lontano a noi ma a quello ad un passo da noi.
Eh sì perché, per esempio, pensiamo alla carriera di un imprenditore. Oggettivamente non avete subito pensato ad un ruolo coperto da un uomo piuttosto che da una donna? Solo in un secondo momento avete razionalizzato che il ruolo di imprenditore può essere ricoperto anche da una donna. In un secondo momento, non basta…la deformazione culturale è eccessivamente radicata, ed è un grosso limite, un enorme problema. Diciamoci la verità, la parità è utopica. Da un punto di vista di carriera, di retribuzione, di diritti, di crescita lavorativa, di scelte e di possibilità vere e proprie.
Non mi serve argomentare giuridicamente mi basta infilare la mano nel grande sacco delle notizie e pescarne una a caso e la disparità è servita: calda calda e ancora fumante. Non ci credete? Bene. Infilo la mano nel sacco e la prima notizia che pesco è quella di Lara Lugli. Non sapete chi è? Impossibile, ma vi rinfresco volentieri la memoria.
La storia di Lara Lugli è stata per diverse settimane alla ribalta; lei è la pallavolista citata per danni dalla ex società sportiva per aver taciuto l'intenzione di avere figli al momento dell'ingaggio. Storia che ha avuto un vero e proprio risalto tanto da finire sul tavolo del presidente del consiglio Mario Draghi. Proprio così. L’”assurdità” della questione è stata tale che l’”European Women For Human Rights" condividendo la battaglia di civiltà, prima ancora che di diritto del lavoro, insieme all'Associazione Nazionale Atlete ha portato avanti, a partire dal caso dell'atleta Lara Lugli, iniziative fattive per il rispetto e la dignità delle donne atlete, anche e soprattutto in gravidanza, tutelando anche le donne che lavorano in ambito sportivo.
La pallavolista è stata "licenziata senza aver neppure ricevuto l'ultima mensilità maturata", ed è stata citata dalla associazione sportiva Volley Pordenone in Tribunale perché la gravidanza avrebbe creato danni risarcibili in quanto avrebbe “rovinato” la stagione sportiva del club. L’udienza doveva tenersi lo scorso 18 maggio. Il clamore della questione ha superato di gran lunga il campo sportivo in cui si tenevano le partite, è cominciato un tam tam giornalistico e mediatico, la stessa reazione della Lugli ha sorpreso.
Pensate ha sorpreso che una donna rivendicasse di poter potare avanti la gravidanza senza avere ripercussioni negative sul lavoro. Sorprendente in effetti e paritaria come questione, no? Di fatto il problema è sempre la persistenza di una clausola che indichi lo stato di gravidanza o la maternità quale giusta causa di risoluzione di un contratto, anche di tipo sportivo. Come è finita? E’ finita che la società ha rinunciato all’azione giuridica e si è fatto un concreto passo in avanti verso una parità di fatto tra uomo e donna, nel mondo del lavoro e sportivo, mondo in cui le donne ancora faticano.
Un piccolo necessario passo. Ora, dico, pensiamoci bene, ciascuno di noi conosce almeno un caso in cui una donna ha avuto difficoltà sul lavoro legati ad una gravidanza e no. Non dite bugie. Sulla parità come meta ancora da raggiungere aggiungo un fatto ancora più recente, quello che ha visto coinvolta Aurora Leone, del duo The Jackal, che si è vista cacciare dalla Partita del cuore perché donna pur essendo stata regolarmente convocata. Se avete letto qua e là, sapete che la diffusione del “fattaccio” attraverso i social e l’immediato rimbalzo della questione sui social e sui giornali ha fatto sì che l’indignazione si elevasse al punto che Gianluca Pecchini, direttore generale della Nazionale Cantanti si è dimesso.
Oggi, nel 2021 forse questo è il giusto epilogo, non lo so o forse più giusto sarebbe stato scusarsi e agire diversamente, di fatto questa è l’ennesima conferma che la parità tra uomo e donna è più sulla carta che nei fatti. E su questo bisogna riflettere seriamente e non bisogna mai stancarsi di indignarsi e di agire di fronte a questa circostanze, più o meno subdole, che sono ahimè reali all’ordine del giorno. Cominciamo noi donne ad alzare la testa e battere i pugni sul tavolo e difendere i nostri diritti.
Maria Elena Bianco