I giudici della Corte d’appello di Palermo hanno confermato la condanna a un anno di carcere, pena sospesa, emessa in primo grado nei confronti di Maria Angioni, l’ex pm che si occupò delle indagini sulla scomparsa di Denise Pipitone, la bambina svanita da Mazara del Vallo nel settembre del 2004.
L’ex magistrata era accusata di aver fornito false informazioni al pubblico ministero. La Procura di Marsala le contestò di aver inventato un'intera storia sul rapimento della bambina, infangando deliberatamente l'operato della polizia, accusata ingiustamente di depistaggio.
"Con malafede, calunniando il commissariato di Mazara del Vallo, Maria Angioni, ha mostrato assoluto spregio della giustizia", aveva detto il pm Roberto Piscitello durante la requisitoria al processo di primo grado.
Un duro atto di accusa contro l'ex collega che aveva denunciato inquinamenti dell'inchiesta su Denise che avrebbero lasciato impuniti i responsabili del rapimento. Rivelazioni fatte in diretta tv per mesi, ritenute «farneticanti» dal pm che aveva parlato di «frottole» finalizzate ad allontanare sospetti sulla propria incapacità professionale visto che era la stessa Angioni a coordinare l'inchiesta.
Al centro del processo due dichiarazioni della donna: la prima riguardava la disattivazione di una telecamera che, a dire dell'imputata, avrebbe potuto portare elementi utili alle indagini sulla scomparsa della bambina e che sarebbe stata decisa dalla polizia a sua insaputa. Gli inquirenti hanno scoperto che in realtà la telecamera era stata attivata, per la prima volta, su espressa richiesta della polizia e che sarebbe stata disattivata su decisione della Procura, ufficio dell'Angioni, nel 2005.
La seconda era relativa all'accusa di fughe di notizie lanciata dall'ex pm che ha raccontato che avrebbe deciso di sottrarre l'ascolto delle intercettazioni agli agenti del commissariato di Mazara perchè non si fidava di loro avendo scoperto che alcuni indagati erano informati degli sviluppi dell'inchiesta. Dalle indagini è venuto fuori invece che proprio la Angioni restituì alla polizia l'incarico di ascoltare le intercettazioni, condotta poco coerente, secondo l'accusa, con la scoperta di fughe di notizie.