Il “silenzio” sul procuratore anti ‘ndrangheta Gratteri ricorda molto quanto accaduto a Giovanni Falcone.       

Redazione Prima Pagina Partanna
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24 Dicembre 2019 10:32
Il “silenzio” sul procuratore anti ‘ndrangheta Gratteri ricorda molto quanto accaduto a Giovanni Falcone.       

“Nonostante sia stata definita come la più grande operazione antimafia dopo quella che portò allo storico maxi non sembra aver suscitato l’interesse doveroso dei più importanti giornali italiani. La stampa nazionale, infatti, pare aver deciso di ignorare, trascurare, ridurre al minimo e perfino nascondere dalla prima pagina la notizia delle centinaia di arresti che hanno smantellato una parte della mafia più potente, quella calabrese”. Così Calabrianews.it commenta la scarsa attenzione ricevuta dall’operazione DDA di Catanzaro, denominata “Rinascita-Scott” con 334 arresti (fra i quali il boss Luigi Mancuso) e oltre 400 indagati 11 regioni d’Italia La maxi operazione anti-‘ndrangheta è stata voluta dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, il quale da alcuni anni lavora all’inchiesta sui rapporti fra ‘ndrine, politica e massoneria.

“Apparati dello Stato erano a disposizione della ‘ndrangheta, vedi l’accesso alle banche dati delle forze dell’ordine”. Sono stati arrestati un colonnello ex comandante dei carabinieri di Catanzaro, sindaci, un cancelliere del Tribunale e vari personaggi che lavoravano nelle istituzioni per conto della 'ndrangheta. Inoltre sono stati arrestati vari massoni “infedeli” alla propria istituzione. In conferenza stampa il Procuratore Gratteri parla del lavoro della massoneria deviata per conto della ‘ndrangheta.

“La ‘ndrangheta è cambiata, non decide solo chi vince l’appalto ma se quell’opera bisogna o meno farla, ha potere decisionale”. Gratteri stigmatizza il “nuovo pensiero” che vuole riscrivere la storia della Calabria e che considera chi combatte il malaffare come  denigratori della Calabria. “Non esiste un’altra storia ma –ha sottolineato Gratteri- esiste la storia, ed è una e va riscritta con fatti e circostanze, noi tutti siamo colpevoli per non aver saputo arginare il potere mafioso, soprattutto il potere politico, soprattutto il potere legislativo  che non ha fornito ancora oggi un sistema di norme proporzionato e proporzionale al fenomeno criminale; se qualcuno nel 2010 non avesse bloccato le assunzioni nelle forze dell’ordine avremmo fatto molto di più”.

Gratteri ha ringraziato i vertici dei Carabinieri per il supporto fornito alla sua inchiesta. “Fa comodo far credere che la ‘ndrangheta è fatta da quattro pastori morti di fame. Ma non è così, le mafie votano e fanno votare. Dobbiamo lottare per occupare quegli spazi che fino ad oggi non hanno permesso ai figli di questa terra di rimanere qui piuttosto che emigrare, questo è stato un fallimento per i calabresi. Bisogna dire basta e lottare, non rassegnarci a questo stato di cose. Da oggi bisogna fare di più, questo il cambiamento a parte le chiacchiere, abbiamo liberato degli spazi.

Anche se io non ci sarò più vi è un gruppo che continuerà a lottare, vi sono le migliori intelligenze delle forze dell’ordine. Il Comandante Generale dei Carabinieri è vicino ai suoi uomini concretamente, così come anche i comandanti delle altre forze dell’ordine”. Proprio al lavoro di Gratteri non è stata data –come dicevamo- molto attenzione, anzi spesso la sua attività è stato descritta come un tentativo di spettacolarizzazione mediatica per alzare i riflettori sulla sua persona.

Un esempio? Il titolo del Riformista, all’indomani della maxi operazione, è stato “Gratteri arresta metà Calabria. Giustizia? No, è solo show”. Il senso del pezzo è legato ad alcune altre maxi-operazioni del passato che – racconta il giornale – sarebbero finite con molte assoluzioni. Guardando all’attività di Nicola Gratteri non è stato così difficile ripensare a Giovanni Falcone, anche lui subì qualche attacco per la sua azione mediatica volta a sensibilizzare e ad accendere i riflettori contro la mafia.

Vi fu infatti un articolo di Sandro Viola che nel gennaio 1992, dalle colonne del quotidiano la Repubblica, ove si accusava il giudice Falcone, poi ammazzato dalla mafia a Capaci il 23 maggio dello stesso anno, di protagonismo mediatico. "Egli è stato preso – scriveva Viola su Repubblica – infatti, da una febbre di presenzialismo. Sembra dominato da quell'impulso irrefrenabile a parlare, che oggi rappresenta il più indecente dei vizi nazionali. Quella smania di pronunciarsi, di sciorinare sentenze sulle pagine dei giornali o negli studi televisivi, che divora tanti personaggi della vita italiana – a cominciare, sfortunatamente per la Repubblica, dal Presidente della Repubblica".

Nello stesso articolo si accusa Falcone, invitandolo quasi a lasciare la magistratura, di aver perso il senso del suo ruolo: “Perché nessun paese civile ha mai lasciato che si confondessero la magistratura e l'attività pubblicistica. Quel che temo, tuttavia – si legge ancora in quell’editoriale  – è che a questo punto il giudice Falcone non potrebbe più placarsi con un paio di interviste all'anno. La logica e le trappole dell'informazione di massa, le sirene della notorietà televisiva tendono a trasformare in ansiosi esibizionisti anche uomini che erano, all'origine, del tutto equilibrati” Fortunatamente, qualche giorno dopo sullo stesso giornale fondato da Eugenio Scalfari un altro giornalista, il napoletano Giuseppe D’Avanzo prese le difese del magistrato siciliano: “Non ha mai avuto una vita facile e anche stavolta c’è chi farà di tutto per rendergliela difficile”.

Speriamo che non accada la stessa cosa al procuratore Gratteri, d’altronde -come diceva Giovanni Falcone- il peggio per un magistrato, e per un operatore della legalità in generale, non è la paura della morte bensì quando viene lasciato solo, quando intorno a lui cala il silenzio, è lì che la mafia interviene arrestandone definitivamente l’attività “Certo che ho paura, ma la cosa importante è addomesticare la paura, parlare con la morte, per ragionarci, così non si perde il controllo della situazione”.

Lo ha detto qualche giorno fa, nel corso de “L’Intervista di Maria Latella” su Sky TG24, lo stesso procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, parlando delle minacce di morte di cui è vittima da alcuni anni. Francesco Mezzapelle

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