Caccia ai "furbetti" del Reddito di Cittadinanza

2 persone assolte, ne parliamo con l'avvocato. Giuseppe Accardo

Redazione Prima Pagina Partanna
Redazione Prima Pagina Partanna
07 Agosto 2022 17:22
Caccia ai

In questi giorni il dibattito politico, alla luce dell’imminente consultazione elettorale, sta assumendo toni sempre più accesi. Tra i vari temi oggetto dello “scontro” politico v’è il Reddito di Cittadinanza, ammortizzatore sociale essenziale per taluni strumento che disincentiva al lavoro per altri. Oltre alle questioni di principio su questo strumento si annota come quasi quotidianamente la stampa pubblica notizie sui c.d. “furbetti del Reddito”, persone che falsamente hanno dichiarato di avere requisiti per accedere al beneficio o “beccate” a lavorare in “nero” mentre usufruivano dell’aiuto.

Ovviamente oltre le denunce sui giornali i casi mediatici, anche nelle nostre zone, hanno prodotto inevitabili strascichi giudiziaria, con diversi cittadini della Provincia costretti a difendersi nelle aule dei Tribunali.

Sul punto abbiano chiesto all’Avv. Accardo Giuseppe, del Foro di Marsala, di segnalarci dei casi, patrocinati dallo stesso, sintomatici della vicenda.

Il legale Partannese ha portato alla nostra attenzione due recentissime sentenze del Tribunale di Marsala, nelle persone della Dott.ssa Barcellona Mariaserena e del Dott. Francesco Parrinello, che hanno statuito l’assoluzione di due cittadini residenti nella Valle del Belice, M.S. di anni 52 e A.A.G di anni 59.

Nel primo caso il signor M.S. era accusato di avere falsamente dichiarato di vivere in maniera autonoma quando invece, secondo la tesi dell’accusa basata sugli accertamenti della Guardia di Finanza, avrebbe convissuto con i genitori.

Da lì, secondo la Procura della Repubblica, sarebbe scaturita una falsa attestazione Isee (con indicazione solo dell’imputato nel nucleo familiare) utile a far maturare il diritto al Reddito di Cittadinanza, effettivamente percepito dall’accusato.

Nel corso del processo, però, è emerso che il signor M.S. viveva in un appartamento autonomo all’interno dello stabile dove vivevano i genitori, e come lo stesso fosse residente da oltre 10 anni in maniera autonoma. Tali elementi venivano riscontrati da copiosa documentazione e da dichiarazioni testimoniali, mentre dall’esame degli accertatori della Guardia di Finanza emergeva come le accuse fossero esclusivamente “deduttive e presuntive”.

Da qui scaturiva l’assoluzione con la formula piena perché “il fatto non sussiste”, a fronte di una richiesta di condanna di anni 1 e mesi 6 della Pubblica Accusa.

Sul punto l’Avv. Giuseppe Accardo ha sottolineato “come l’assoluzione sia stata frutto delle dichiarazioni testimoniali e delle prove documentali offerte dalla difesa, a fronte di un quadro probatoria della Procura meramente presuntivo. Non è il primo caso relativamente al c.d. Reddito di Cittadinanza che mi vede impegnato a dimostrare l’innocenza del mio assistito allorquando dovrebbe essere invece la Pubblica Accusa a dimostrare la colpevolezza. Questo deve essere un elemento di riflessione per i tanti processi in materia allo stato pendenti”.

Nel caso del signor A.A.G. lo stesso, secondo l’accusa, veniva assunto in nero mentre percepiva il Reddito di Cittadinanza omettendo di fare le comunicazioni previste dalle legge.

Nel corso del dibattimento, però, emergeva come l’imputato avesse consegnato i documenti per l’assunzione al titolare della Ditta edile dove lavorava e, dunque, come fosse convinto di essere assunto. Inoltre emergeva come nei 30 giorni successivi si era recato tre volte presso il proprio Patronato per inviare la comunicazione di assunzione, cosa impossibile da poter fare a causa di un problema nel sistema Inps che ne frattempo bloccava la posizione dell’imputato stante la segnalazione di “lavoro non regolarizzato”.

Anche in questa occasione prove documentali e testimoniali hanno determinato l’assoluzione del signor A.A.G. che, come emerso nel corso del processo, si era comportato correttamente e veniva assolto perché “il fatto non costituisce reato”.

Il processo è sostanzialmente nato da un bug del sistema dell’Inps – rileva l’Avv. Accardo - che non ha permesso all’imputato di aggiornare la propria posizione nonostante tre invii certificati eseguiti dal Patronato. Speriamo che una casistica simile sia limitata, comunque sarà mio onere comunicare le risultanze processuali alla sede provinciale dell’Ente”.

Si spera che queste due storie siano utili per permettere ai lettori di formarsi un’opinione utilizzando informazioni correte, stante che il dilagante “populismo” e la “demagogia” che contraddistingue i nostri tempi spesso falsano il dibattito pubblico e non permettono di analizzare gli eventuali pro e contro di una vicenda ma piuttosto di aderire aprioristica ad una posizione senza nemmeno verificarne la fondatezza.

Nella foto l’Avv. Accardo Giuseppe 

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