Il processo contro tre presunti fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro si aprirà venerdì 27 settembre presso il Tribunale di Palermo, con udienza davanti al gup Marco Gaeta. Sul banco degli imputati l'architetto Massimo Gentile, il radiologo Cosimo Leone e Leonardo Gulotta, accusati di aver agevolato la latitanza del boss mafioso di Castelvetrano, considerato l'ultimo capo di "Cosa Nostra".
Gentile è accusato di aver prestato la sua identità a Messina Denaro, permettendogli di acquistare una Fiat 500 e una moto con documenti falsi. I suoi legali, Antonio Ingroia e Mario Di Trapani, respingono le accuse, sostenendo che Gentile sarebbe vittima di un furto di identità.
Cosimo Leone, tecnico radiologo, avrebbe invece favorito Messina Denaro durante il suo ricovero all'ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, dove il boss si era sottoposto a una TAC per monitorare il tumore. Leone, secondo l’accusa, avrebbe modificato i turni di lavoro per essere presente e consegnato al boss una scheda telefonica inviata dal geometra Andrea Bonafede, stretto collaboratore del latitante.
Leonardo Gulotta è accusato di aver messo a disposizione il proprio numero di cellulare per facilitare l’acquisto della Fiat 500 da parte di Messina Denaro. Tuttavia, la difesa, rappresentata dall’avvocato Mariella Gulotta, contesta la ricostruzione, sostenendo che il numero appartenga a una donna con cui il boss avrebbe avuto una relazione.
Il procuratore aggiunto Paolo Guido, insieme ai pm Gianluca De Leo, Pierangelo Padova e Bruno Brucoli, ha chiesto il rinvio a giudizio per i tre, ritenuti fondamentali nel sostenere la latitanza di Messina Denaro. La difesa degli imputati si dice pronta a dimostrare la loro estraneità ai fatti. Nel frattempo, Gulotta è stato scarcerato, mentre Leone si trova agli arresti domiciliari.