Abbandono di neonato

Riflessioni di una madre

Redazione Prima Pagina Partanna
Redazione Prima Pagina Partanna
22 Ottobre 2022 17:10
Abbandono di neonato

Quando i primi di ottobre ho appreso della notizia del bambino abbandonato a Paceco mi son dovuta prendere dei giorni per metabolizzare la notizia.

Questo mi succede sempre quando si parla di abbandono.

Questo mi succede perché davvero non posso capire come si possa arrivare a tanto. Nel 2022 non posso essere una voce fuori dal coro se penso che ci dovrebbero essere le giuste informazioni sia per evitare gravidanze indesiderate sia per trovare soluzioni post parto e garantire la salute al bambino.

Perché ecco quello che subito mi viene in mente è che nel caso del bimbo trovato a Paceco, Francesco Alberto, è stata una fortuna che fosse trovato e che fosse ancora vivo.

E penso, e se fosse morto?

Insomma davvero si può decidere di portare a termine una gravidanza per poi lasciarlo potenzialmente morire da solo in un posto sperduto del mondo?

Questa "tragedia" mi fa pensare che a quella madre sia mancato supporto sotto ogni forma.

È mancato ascolto, attenzione, supporto psicologico, informazioni dettagliate, confronto.

E la madre? Il padre? Fratelli e sorelle? Il padre del bimbo? Gli amici?

I parenti? Proprio nessuno ha visto, capito, agito? Proprio nessuno ha visto questo pancione?

Chi parlava con questa madre? A pensarci rabbrividisco.

Una madre che partorisce e decide di abbandonare il proprio figlio è una madre sola, malata di quella solitudine che fa paura.

Che deve fare paura. Perché denota che socialmente mancano le reti, mancano rapporti sociali degni di essere qualificati come tali.

E quindi che succede alla madre? E al bambino? Partiamo da un presupposto ossia che negli ultimi anni i casi di neonati abbandonati dalle rispettive madri sono molto più frequenti rispetto al passato, forse perché la crisi economica enfatizza certe difficoltà. Gli abbandoni ovviamente possono essere causati da diverse motivazioni, ovviamente qualunque casistica sarebbe carente di qualche opzione quindi evito di stilare un elenco. Non sono nessuno per farla. Di certo posso dire che le madri spesso si trovano in una situazione di bisogno assoluto, una mancanza di spazio nella quale crescere il bambino o inconvenienti di carattere finanziario.

A volte, sono madri molto giovani.

Mentre scrivo penso al caso in cui una donna sposata, dopo avere avuto una relazione extra-coniugale, abbia scoperto di essere rimasta incinta oppure quando il bambino è frutto di una relazione sentimentale sbagliata e il padre non ha nessuna intenzione di riconoscere il figlio. Secondo la legge, i genitori hanno l’obbligo di prendersi cura dei propri bambini al fine di evitare di esporli a situazioni di pericolo. La legge dice questo ma poi di fatto succede altro...

Forse esporre le eventuali conseguenze legali per la madre sarebbe noioso ma moralmente voglio scrivere cosa può fare una madre che vuole partorire ma non tenere il figlio. Ritengo doveroso informare perché il caso del bambino a Paceco mi ricorda che le informazioni su certe tematiche sono troppo scarse. E allora grazie agli articoli faccio la mia parte, fosse anche per credere di convincere una sola ragazza o donna su un miliardo a non abbandonare il neonato. Diciamolo subito: è possibile partorire in sicurezza e in anonimato, dando il proprio bambino in adozione, senza compromettere la sua salute (che è un aspetto più che importante). Esiste una legge che prevede il parto in anonimato ed è il DPR n. 396/2000 che è una normativa pensata appositamente per contrastare l’abbandono dei bambini appena nati, l’aborto o l’infanticidio.

Questa legge permette alla madre di entrare in ospedale per il parto e chiedere di non essere nominata. È una modalità garantita anche alle donne sposate. Il bambino risulterà essere figlio di “madre che non vuole essere nominata”. L’assistenza alla mamma viene garantita dai servizi sanitari territoriali, come consultori o sportelli gestiti da specialisti dei servizi sanitari regionali. Il parto viene eseguito in ospedale che è la struttura più sicura per la salute della madre e del neonato, in considerazione del fatto che vengono garantite assistenza sanitaria e anonimato. In tempi molto rapidi, il neonato verrà dato in adozione a una coppia che il Tribunale riterrà ritenuta idonea (Sul punto ci tengo a dire che sono tante le famiglie in cerca di un figlio che amano profondamente prima di incontrarlo).

Entro circa una settimana, il bambino verrà dato in affido e inizierà un periodo di circa due mesi di affido pre-adottivo. In questo arco di tempo la madre ci può ripensare. Il Tribunale valuterà la capacità della donna nel garantire il bene del neonato e il suo diritto a crescere in un ambiente sano e se la valutazione dovesse avere esito positivo il piccolo potrà ritornare con la madre. C’è un’altra possibilità.

Alcuni ospedali hanno riattivato le cosiddette “ruote degli esposti”.

Sono delle culle, all’interno dell’ospedale, dove la mamma può lasciare il bambino. La donna non si deve presentare in reparto e chiedere di non essere nominata ma semplicemente lasciare il neonato nella culla. Il bambino verrà subito curato e successivamente dato in adozione. Si tratta di una soluzione estrema, rivolta a quelle madri che hanno dovuto partorire a casa.

Un’altra questione si pone quando la madre è una ragazza minorenne, con meno di 16 anni, perché non ha raggiunto l’età per riconoscere legalmente il figlio che dovrà essere dato in adozione. La ragazza può chiedere al Tribunale di attendere il compimento del sedicesimo anno di età per procedere al riconoscimento ma dovrà dare prova di avere alle spalle una solida famiglia che la possa sostenere e aiutare nel crescere suo figlio.

Fatico molto con questo argomento perché sono una donna, perché sono una madre. Informare, supportare, ascoltare diventa fondamentale.

E allora spero che questo articolo venga letto da quella ragazza che ha scoperto di essere incinta e sta impazzendo, a quella donna che ha appena visto il test di gravidanza e sa di non poter aver quel bimbo...

Pensiamo a quel bimbo, pensiamo a come salvare il suo futuro...rendiamo migliore il suo ingresso alla vita.

Maria Elena Bianco

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